DIO COME
ESPRESSIONE
DELLA COSCIENZA UMANA
L’uomo ha
conseguito, durante il suo lungo cammino dai primordi della vita, una
consapevolezza di sé e del mondo esterno. É perciò provvisto di una vita
interiore, di un pensiero con cui ragiona con se stesso. Manifesta altresì una
vita esteriore, dialogando con il mondo esterno, da cui attinge conoscenze. La
sua essenza non è solo ragione, ma anche sentimento, forza di volontà, istinto,
carattere, personalità, intelligenza, passione.
L’uomo,
dunque, non è solo un’espressione della ragione, ma anche delle suggestioni
indotte da sentimenti e passioni scaturenti, in un determinato periodo storico,
dai rapporti con il mondo esterno e con se stesso. Ha acquisito una coscienza
con cui conversare, ma anche con cui fantasticare, inseguendo realtà
immaginarie, fino a idealizzare un altro da sé. La coscienza è lo specchio
interiore in cui l’uomo riflette la sua essenza. Avere sentore di sé, del
proprio corpo, del mondo, ciò non implica necessariamente l’esistenza di una vitalità
e di una realtà anche dopo la morte. L’intuizione del soprasensibile non
implica l’esistenza effettiva di un Ente trascendente: ipostasi immaginifica,
vana come i sogni della notte, dove tutto è confuso e tutto precipita
nell'abisso del nulla con il risveglio della coscienza e della ragione.
Oggettivandosi fuori di sé, l’uomo ha idealizzato la sua essenza,
rappresentandola nella forma di un Essere divino, sovrumano e perfettissimo,
presumendolo esistente, eterno, creatore del mondo. Ascrivendo degli attributi
all'Ente pensato, ha creduto che esso esistesse realmente, in una diversa
dimensione. Ha creato un’immagine irreale di sé, estraniata da sé, in cui ha
proiettato illusorie qualità ideali e ne ha fatto oggetto di culto.
Rappresentando la nebulosità dell'irrappresentabile con l'immaginazione, spazio
senza limiti, ha creduto di vedere l’invisibile e sentire il non sensibile. Una
divinità inintelligibile avvolge e stravolge l’uomo religioso durante la sua
labile esistenza. L’opposizione tra uomo ed Essere divino è un’illusoria
costruzione umana di un’entità astratta, modellata con l’immaginazione, da cui
l’uomo fa dipendere la propria esistenza in questa e nell'altra vita.
Dio è ciò
che la mente e il sentimento dell’uomo hanno rappresentato esistente oltre il
reale. L’immagine psicologica dell’essenza divina, intesa come verità assoluta
da cui attingere certezze, si concretizzata in una fede religiosa, che induce a
credere in un mondo ultraterreno e in una vita eterna dopo l’infausta morte. La
religione è caratterizzata da dipendenza e adorazione: l’una genera l’altra.
Ciò che l’uomo desidera avere al massimo grado, lo immagina presente
nell'onnipotenza dell’Ente divino. L’illimitatezza di Dio riflette i desideri
innumerevoli dell’uomo. La presunta esistenza di un’essenza divina, in quanto
ritenuta vera, è creduta anche reale, ma di una realtà trascendente, quindi
extra fisica, dunque ipotetica. Ciò che si crede vero, si crede che sia anche
esistente, ancorché in una diversa realtà, che può essere conosciuta anche
indirettamente, come nel cristianesimo, tramite la “rivelazione” di
un messia. Una vita d’eterna beatitudine in un mondo soprannaturale, in cui
regna la divinità, non l’umanità, è l’agognata meta “post-mortem” del
cristiano. La natura divina, sacralizzata e santificata, è opposta al mondo
profano e peccaminoso. Quanto più si apprezza l’illusoria positività dell’Ente
divino (ens rationis = puro pensiero senza concretezza), tanto
più si disprezza la realtà, caratterizzata da negatività e limitatezze. L’inno
trionfale dell’auspicata gioia paradisiaca, il “Gloria in
excelsis Deo”, si leva dagli abissi della sofferenza umana. Nell'armonia di
Dio, l’uomo religioso vede la conciliazione delle dissonanze del mondo. La
credenza nell'assoluta eticità dell’entità divina è il riflesso dei sentimenti
morali dell’uomo, la proiezione del suo dover essere in un essere eccezionale.
Dio è ciò che l’uomo immagina più grande d’ogni realtà, un ente perfettissimo,
una dimensione senza limiti temporali e spaziali (Anselmo d’Aosta). Egli è
sempiterno, contrariamente all'effimera natura dell’uomo. É luminoso e
splendente: è luce che illumina le tenebre e vede, e vedendo conosce, e
conoscendo sa. È onniveggente e onnisciente. La sua onnipotenza è
imperscrutabile. Il suo libero arbitrio è insindacabile. In verità, Dio è solo
un nome prodotto dal “gioco” linguistico inerente alla speculazione religiosa:
un’illusione, una speranza, una parvenza, un'oggettivazione dell’essenza umana
idealizzata. Dal Logos, potente parola creativa di Dio (Verbo), si è fatto
derivare l’esistente. L’infinita potenza di Dio è stata posta a fondamento di
tutto il reale.
Dio, un
concetto astratto, si concretizza nel cristianesimo come Ente invisibile
(purissimo spirito), sussistente in tre distinte mistiche sostanze d’identica
natura. Dall'autorevolezza della parola di un uomo, supposto messia, adorato
come Figlio di Dio, i cristiani hanno creduto di trovare la salvezza per il
genere umano, segnato da una presunta colpa originale. Dalla provvida sventura
della passione di un uomo, il Cristo Gesù, hanno dedotto l’attuazione della
redenzione: positivo riscatto dal negativo del mondo. Con la potenza del nome
di Cristo, Figlio di Dio e lui stesso Dio, i suoi seguaci, titolati di
sacralità, presumono di scacciare diavoli, compiere prodigi, redimere colpe e
fare da tramite alle anime inquiete in cerca di beatitudini edeniche. In
realtà, dal nulla oltremondano non può derivare qualcosa di concreto in virtù
di un potere divino (ex nihilo nihil fit). Se di ciò che sappiamo non
abbiamo certezza assoluta, figuriamoci se da ciò che non è si possa derivare
qualche sapere. Tutto si compie non per intervento divino, ma in seguito a
fenomeni di cui solo in parte se ne conoscono le cause; per il resto, la
scienza formula solo ipotesi e continua a perseverare nella ricerca.
L’esperienza del divino, in quanto fuori della concreta realtà, non rientra
nell'ambito delle concrete possibilità conoscitive dell’uomo. Solo la realtà
oggettiva è relativamente conoscibile e interpretabile. Dio è un concetto
estraneo alla realtà oggettiva, un non-senso rivestito d’enfasi e caricato di
significati. L’oltremondano è un insieme concettuale di parole e immagini
costruite artificiosamente. Credere nella reale esistenza dell’aldilà è possibile
in virtù di una fede religiosa. In realtà, l’Ente divino che si rappresenta
nella mente è in relazione con l’immaginazione, non con l’esperienza. Dire che
un asino vola, significa esprimere un concetto fittizio mediante termini che
denotano cose e fatti concreti (ossia un asino e l’atto di volare proprio di
certe specie d’animali). Dalla concretezza degli elementi non può desumersi la
certezza espressa da un concetto. La fede in Dio, Verità Assoluta, al vaglio
della ragione critica, è una contraddizione in termini, in quanto la fede
implica credenza in un assunto, non certezza di una verità.
La fede
cristiana è la credenza in una pretesa verità indiscutibile, rivelata da una
supposta divinità umanizzata, testimoniata da testi inattendibili, tramandata
dalla pervicace autorità di una Chiesa istituzionalizzata e legittimata. Non
c’è garanzia che la verità rivelata nei sacri testi pervenga da Dio e non dalla
testa immaginifica degli uomini. Le trascendenti verità della fede cristiana
non si fondano su certezze fattuali, su ipotesi verificabili o falsificabili
dall’esperienza effettiva, perciò non si prestano all’esercizio critico della
ragione, all’obiettività di una valutazione. La fede assoluta in un assunto
metafisico, non sperimentabile, non controllabile, non falsificabile, è una
fede che non elimina l’errore, come fa invece la scienza. La fede implica la
volontà di credere, ma questa non implica la verità delle cose, bensì
l’opinione riguardo ad esse.
L’interesse
della Chiesa ad evangelizzare il mondo intero consiste nell’imporre “erga
omnes” il proprio modello etico, religioso, politico, come l’unico
voluto da Dio per la nostra salvezza nell’aldilà. La Chiesa, in quanto
istituzione storicamente determinata, giuridicamente riconosciuta, coadiuvata
da fedeli gregari e da politicanti codini, è lo strumento con cui il clero
attua il proprio dominio sulla collettività, plagiando le coscienze con il mito
di Cristo, mediante un sistema formativo d’indottrinamento “ad hoc”. In quanto
“ecclesia”, ossia comunità di fedeli, essa tende ad egemonizzare la
collettività, invadendo il sociale e socializzando la religione. Il culto
religioso rinsalda il legame dell’individuo con l’identità collettiva
d’appartenenza ad un sistema sociale e culturale, espressione di un comune
sentire, di un consenso collettivo. L’angoscioso bisogno degli uomini di
conoscere il mistero d’essere nel mondo trova puntuale risposta nella verità
assoluta di una fede rivelata. L’ideologia dominante della Chiesa, sia durante
il lungo periodo medioevale sia in prosieguo di tempo, ha egemonizzato le
istituzioni dello stato, la società laica, la cultura, imponendosi come unica
vera religione, statuendo precetti e norme etiche obbligatorie. Le prescrizioni
del cristianesimo cattolico sono inculcate nelle coscienze sin dalla tenera
età, fossilizzandosi in imperativi categorici in funzione dei dogmi e dei culti
sotto i quali si celano le forze occulte del potere clericale. I preti, come
gli stregoni, s’arrogano un sapere magico, mascherato di sacralità carismatica,
drammatizzata con le imponenti scenografie liturgiche, gli sfarzosi cerimoniali
e i melodiosi canti gregoriani. Il magico rituale religioso è finalizzato a
soggiogare la massa dei fedeli, inducendoli alla pietà verso il divino e
all’obbedienza verso chi in terra lo rappresenta (spesso, come la storia
documenta, indegnamente).
Dio, giacché
immaginato come un essere perfettissimo, pura ragione trascendente e suprema
legge morale, non può che amare se stesso e creare tutto in funzione della sua
gloria. L’uomo, umiliando se stesso a causa della limitatezza e
dell’imperfezione della sua natura, supplisce alle deficienze naturali,
venerando l’egoismo di un Tutto irreale, un Nulla di fatto. Il bisogno
d’immaginare un ente perfetto e potente sopperisce all’incompletezza dell’umana
natura, tormentata dall’angoscia esistenziale, assillata dal dubbio e dalla
paura dell’ignoto. Al lancinante dolore dell’esistenza, l'uomo trova conforto
venerando un’illusione. Per tacitare il timore del precario e mutevole divenire,
s’immerge nell’oscurità della superstizione, credendo di attingere sicurezza e
conforto. L’ideologia religiosa, impregnata di teorie astratte, sublima la
transitorietà della concreta esperienza, imponendo concezioni dogmatiche,
certezze e valori assoluti, che determinano sicurezza all’agire dell’uomo. La
fede cristiana si fonda sulla credibilità che le testimonianze delle Scritture
siano attendibili e sulla convinzione di poter conoscere cose non viste, perché
percepibili nel profondo della propria coscienza. Non è una libera scelta la
credenza religiosa, se la volontà è condizionata in tal senso sin
dall’infanzia.
L’ideologia
cristiana, in quanto valore assolutizzato in forza di una fede rivelata da una
pretesa divinità, è il metro con cui la Chiesa giudica l’agire umano,
giustificandolo o criticandolo in rapporto alla conformità o non conformità ai
propri dogmi e principi. I catechizzatori cristiani influenzano i comportamenti
degli adepti imponendo il “cultus religionis”. L’egemonismo del
cristianesimo, di una fede che si rinnova nella sua staticità, reinterpretando
le sue pretese verità, ha dominato per secoli la cultura laica, subordinando lo
stato ai suoi principi e contrastando la piena autonomia del potere civile
rispetto a quello religioso. I suoi sistemi educativi e formativi sono
finalizzati ad inculcare nella mente, sin dall’infanzia, norme e valori
assoluti, condizionando i comportamenti e plagiando le coscienze. Il sistema di
credenze religiose e i relativi valori etici, inculcati nell’animo degli
adolescenti con parole suadenti sin dalla prima educazione, sono assimilati
acriticamente, imprimendosi indelebilmente. L’educazione emotiva alla
superstizione magico-religiosa del cristianesimo scolpisce la coscienza
infantile, conformandola al sentire di una fede e asservendola, anche in età
adulta, ad una stretta dipendenza alla sacralità cristiana. L’intelletto,
soggiogato dal mito cristiano, è imprigionato nella gattabuia di una supposta
verità rivelata da Dio. In realtà, una convinzione ideologica assoluta, fondata
su una fede incondizionata in un’entità inesistente. Non è facile estirpare ciò
che si è radicato in noi sin dall'infanzia. Le norme religiose, infatti, sono
accettate come idee innate, naturali, che non richiedono punto un esame razionale
o il sostegno di prove logiche. L’assolutismo religioso, in quanto ritiene
d’essere universalmente valido, pretende d’imporsi a tutti. Non può scendere a
compromessi con altre fedi, nei confronti delle quali alimenta il concetto di
“diverso” fino all'estrema avversione per incompatibilità, se non addirittura
fino alla repressione per necessità. Un acritico sistema educativo tende a
degenerare in fanatismo e intolleranza. La storia è testimone della spietatezza
criminale perpetrata nei secoli dalla violenza cristiana in nome dell’amore
assoluto per un triste dio, inspiegabilmente uno e trino. Le mire politiche del
cristianesimo, e del cattolicesimo in particolare, sono volte a condizionare il
corso storico, nella sua totalità, per dirigerlo verso la propria meta,
prefissata in ogni tempo con una sua specificità. Dal sincretismo
tra cultura religiosa e laica, conseguente all'alleanza fra trono e altare, il
cristianesimo ha prodotto e adattato ai tempi una sua ideologia politica,
auto-giustificativa, al fine di conquistare e conservare il potere sulle
coscienze, legittimandosi. Persino una “sinistra” opportunista, convertita al
buonismo, per acquisire un più vasto consenso popolare legittimante, si è
aggregata al giogo del carro clericale, lasciandolo correre a briglia sciolta.
Finanche filosofi che si dichiarano laici, poco attenti alle idee scientifiche,
crocifiggono la ragione per cercare una fede smarrita, soffrendo sussulti e
riflussi, “credendo di credere”, ossia d’illudersi di un Nulla, che sostituisce
un vuoto mentale. Dio è la risposta irrazionale alle domande cui la scienza non
può dare ancora una spiegazione plausibile. Solo con il supporto della ragione
fondata sulla concretezza, l’uomo può ritrovare l’io alienato nell'altro da sé.
Lucio Apulo Daunio
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