PROVE E CONFUTAZIONI
SULL’ESISTENZA DI DIO
PREMESSA
Enunciato è
un’espressione linguistica vera o falsa riguardo ai suoi elementi costitutivi.
Argomento è un
insieme di enunciati, di cui uno valga come conclusione e gli altri come
premesse.
Un argomento
è valido se premesse e conclusione sono vere in relazione a conoscenze
oggettive e razionali. L’argomento induttivo, a differenza di quello deduttivo,
è fondato su enunciati di tipo probabilistico. L’argomento scientifico è valido
se tutte le premesse sono vere e confermate dagli esperimenti. L’argomento
dimostrativo è scientifico e deduttivo. La logica studia il modo in cui il
pensiero si esprime attraverso il linguaggio nonché le condizioni alle quali un
ragionamento è corretto (conclusione vera) o scorretto (conclusione falsa).
Sono
dimostrazioni deduttive “a priori” quelle indipendenti dall'esperienza, dal
dato empirico (come le intuizioni intellettive), che procedono dalla causa (prius)
all’effetto (posterius). Sono dimostrazioni induttive “a posteriori”,
quello che procedono dagli effetti (empirici) alla causa.
Gli
pseudo-ragionamenti non hanno alcuna reale implicazione tra le premesse e la
conclusione. Le argomentazioni ipotetiche del tipo “se questo è vero, allora
quest’altro segue necessariamente” sono espedienti tipici dei ragionamenti
religiosi. Gli enunciati ipotetici, se fondati su assunti arbitrari, avranno
conclusioni arbitrarie. Tuttavia, non va trascurata la forza di convinzione di
certi pseudo argomenti, che inducono a credere alle conclusioni, benché a
un’analisi più approfondita si rivelino falsi o dubbi. Certi avvolgenti
ragionamenti tendono in buona o mala fede a rappresentare una realtà
inesistente. La fede in entità immaginarie determina false speranze.
L’esistenza
o non esistenza di Dio si può dimostrare? Intanto, la prova dell’esistenza
incombe su chi tal entità proclama (affirmanti incumbit probatio). Chi
non crede all’esistenza di Dio non ha l’onere della prova. Delle religioni professate
nel mondo, ognuna di esse sostiene che le altre sono tutte false. Il che porta
a concludere che nessuna è vera. I risultati (con ampi margini di certezza),
raggiunti dalla scienza evoluzionistica, avvalorano la tesi dell’inesistenza di
un ipotetico Dio. Sappiamo che ci siamo evoluti dagli umanoidi e questi dalle
scimmie, che l’universo ha origine dal Big Bang e che il nostro destino dipende
da noi. La nostra coscienza è un prodotto della materia del nostro cervello. La
fede in Dio, poiché entità ipotetica, che si rivela ispirando (Bibbia) o
dettando (Corano) la sua volontà e le sue verità a uomini e popoli eletti o
addirittura incarnandosi (Cristianesimo) tramite una donna sempre vergine, è
una credenza (una “follia”, di cui si vantava san Paolo) inattendibile quanto
irrazionale. Del tutto insensata è la fede nel creazionismo, cioè in un Dio
preesistito nel nulla e che dal nulla (!) ha creato il cosmo e la vita.
La teologia
razionale studia l’ipotesi “Dio” indipendentemente da un’ipotetica rivelazione
soprannaturale. Le tre prove classiche dell’esistenza di Dio (ontologica,
cosmologica, teleologica) si risolvono o in un indebito passaggio dal piano
logico (della conoscenza oggettiva) a quello ontologico (metafisico) o nei
paralogismi della ragione, cioè in falsi ragionamenti, con apparenza di verità,
che traggono una conseguenza da principi falsi o ammettono come provata una
conclusione senza prove o che inducono la ragione a superare i confini
dell’esperienza. Errato ragionamento è, secondo Hume, quando nel procedimento
di inferenze dagli effetti visibili delle cose si procede oltre le loro cause
prossime, risalendo alle cause supreme e invisibili. Secondo Kant, è un
ragionamento mediante il quale, muovendo da un qualcosa che conosciamo,
giungiamo a qualcos’altro, un concetto, cui attribuiamo realtà oggettiva. Per
quanto concerne i ragionamenti deduttivi e induttivi, occorre distinguere le
inferenze deduttive, in cui la conclusione è certamente vera se sono vere anche
le premesse, dalle inferenze induttive, in cui la conclusione è solo probabile.
La validità dell’inferenza induttiva è stata confutata da Russell e Popper. Il
metodo scientifico valido di un ragionamento (Popper) consiste nel formulare
asserzioni che siano non soltanto verificabili ma anche falsificabili in sede
di esperimento.
ARGOMENTI
1) ARGOMENTO
ONTOLOGICO (dimostrazione a priori dell’esistenza di Dio)
Si distingue
dagli argomenti degli antichi fondati su ipotesi empiriche (dal mosso al motore
immobile, dal causato alla causa prima, dal contingente al necessario,
dall’imperfetto al perfetto, dal relativo all’assoluto, dal mutabile
all’immutabile), non confacenti per dimostrare l’esistenza di un concetto puro
(Kant). Consiste nel tentativo di dedurre la presenza necessaria di un Essere
perfettissimo mediante un ragionamento logico, che procedendo da verità logiche
o puri concetti “a priori” e attraverso una concatenazione di proposizioni
derivate coerentemente le une dalle altre, si termini con una dimostrazione
necessariamente vera. Parmenide fu il primo a porre la questione ontologica,
basandosi sul principio di non contraddizione: l’Essere è e non può non essere.
Anselmo d’Aosta, partendo dalla fede come movente per la comprensione, pretende
di dimostrare l’esistenza di Dio da un concetto. Egli, infatti, definisce Dio
l’Essere di cui non si può pensare nulla di più grande e di più perfetto,
poiché ha in sé ogni perfezione. Ne consegue che, giacché l’esistenza è una
perfezione e la perfezione assoluta è contenuta nell’Essere, Dio esiste per
definizione, poiché in lui coincidono essenza ed esistenza. L’argomento
ontologico però, secondo Tommaso d’Aquino, nasconde un illegittimo passaggio
dall’ordine logico all’ordine ontologico, reale. L’idea di perfezione non
implica l’esistenza, deducibile “a priori”, perché l’esistenza può essere
dedotta solamente “a posteriori”. Anche Cartesio (come Agostino) ipotizza che
l’uomo abbia in sé l’idea di Dio (innatismo) come “Essere perfettissimo”.
L’uomo, però, è imperfetto per natura, per cui l’idea di Dio non po’ essere
stata prodotta dall’uomo, ma da un essere esterno, cioè Dio. Sarebbe
contraddittorio un Dio che, assommando in sé tutte le perfezioni, sarebbe privo
dell’esistenza. Per Spinoza e Leibniz, Dio è possibile, perché è l’Essere la
cui esistenza è implicita nella sua essenza. Se deve esserci una causa per ogni
fatto, la causa dell’universo è un Essere necessario che ha in se stesso la
ragione della propria esistenza. Per Kant, l’idea di Dio è in noi
(soggettivismo trascendentale), ma non si può dimostrare la sua oggettiva
realtà. Un successivo sviluppo dell’argomento ontologico è quello proposto da
Godel, che ha dimostrato la necessità logica della presenza di un Ente, che
assomma in sé tutte le qualità positive, di cui anche l’esistenza. Ammetterne
la possibilità, ma negarne la realtà effettiva, sarebbe una contraddizione. Una
fra le tesi a favore dell’argomento ontologico sostiene che la scienza empirica
è fallibile e limitata, per cui non può arrivare a conclusioni apodittiche su questioni
che sono fuori dal suo campo d’indagine, come quelle metafisiche e spirituali.
Se compito della scienza, è mostrare le leggi che governano la realtà delle
cose, spetta invece alla filosofia e alla teologia spiegarne il significato. La
conoscenza scientifica è quindi un ausilio alla fede del credente.
CONFUTAZIONE
Le
confutazioni si basano sull’inesistenza di prove soddisfacenti, che possano
dimostrare l’esistenza di un ente inesistente nella realtà oggettiva. La logica
non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di Dio, cioè di una supposta entità
fuori dal complesso del cosmo, di cui si presume che ne sia l’artefice. La
logica non può dimostrare l’esistenza dell’inesistente. Nessuna dimostrazione
logica è in grado di provare che un’esistenza ipotetica, meramente logica
(esistenza possibile) sia identificabile con un’esistenza reale o ontologica
(esistenza necessaria). Non vi è analogia tra il mondo dell’intelletto
(concettuale) e quello dei sensi (reale). Un concetto non implica
necessariamente l’esistenza.
Il monaco
Gaunilone criticò Anselmo, sostenendo che l’essenza di Dio non può essere
intesa dall’uomo, né ci si può fondare sulla supposta esistenza nel pensiero di
un ente possibile per dedurne l’esistenza nella realtà sensibile, giacché si possono
pensare cose impossibili. La possibilità di un concetto non implica
necessariamente l’oggettività reale.
Se Dio è
l’essere di cui non si può concepire uno più grande, che contenga ogni
perfezione, tra cui anche quella della virtù, ne consegue che egli è l’essere
più virtuoso. La virtù però implica il superamento dello stato di pericolo o di
sofferenza, quindi Dio è un essere che soffre e che può trovarsi in stato di
pericolo, nel qual caso si può concepire un essere più grande, che non soffra e
non si trovi in stato di pericolo. Dio, quindi, non può essere virtuoso. Se Dio
è un essere perfettissimo, qualunque cosa da lui creata deve essere perfetta,
invece il mondo è imperfetto. La natura perfettissima di Dio non aveva alcuna
ragione per creare un mondo imperfetto, ma il mondo imperfetto esiste, dunque
Dio non può esistere. Se Dio è nello stesso tempo onnisciente (conosce tutto
ciò che accadrà e compirà) e onnipotente (può fare tutto ciò che vuole, anche
comportarsi in modo diverso da ciò che aveva previsto), la sua onniscienza è in
contraddizione con l’onnipotenza. Per evitare la contraddizione, Dio non può
essere contemporaneamente onnisciente e onnipotente. L’onnipotenza di Dio,
inoltre, si converte in un paradosso: o può annientare se stesso o non è
onnipotente. L’onniscienza, poi, esclude in Dio il libero arbitrio. Se Dio è
nello stesso tempo trascendente (fuori dallo spazio e dal tempo) e onnipresente
(esistente ovunque nello spazio temporale), si cade nuovamente in
contraddizione, perché un essere trascendente non può essere onnipresente. Se
la natura di Dio è infinita, non può essere altrove, fuori dello spazio e
dell’universo. L’esistenza di un essere vivente implica la materia, Dio invece
è immateriale, dunque non può essere vivente. L’esistenza non è una proprietà
(Kant), perciò non può far parte dell’essenza di un oggetto, essendo la copula
(forma verbale) di un giudizio (come quando si afferma l’esistenza di un
oggetto di una certa essenza).
Essere è
tutto ciò che esiste, giacché percepibile. Dio, invece, non si può né toccare
né vedere, né percepire, dunque non esiste, non essendo oggetto di esperienza.
Secondo il filosofo Giuseppe Rensi, la proposizione “Dio non è” è un giudizio
analitico (cioè la proposizione è vera in virtù del significato delle parole in
essa contenute). Il predicato “non è” si ricava dal soggetto Dio, cioè da un
ente inesistente. Nessun predicato su Dio può ricavarsi da una verifica
empirica.
LE CINQUE
VIE DI TOMMASO D’AQUINO
EX MOTU: Tutto ciò
che si muove (ogni ente diveniente, che passa dalla potenza all’atto) è mosso
da un altro e questo da un altro ancora, ma non si può andare a ritroso fino
all’infinito, per cui ci deve necessariamente essere un primo motore
(non-divenibile), causa prima, che non sia mosso da altri.
EX CAUSA: Ogni
effetto ha una causa e nessun effetto è causa di se stesso; poiché le catene
casuali non possono estendersi all’infinito, deve necessariamente esserci una
causa prima non causata.
La prova
cosmologica si fonda sull’argomento della causa: se tutto ciò che ha un
inizio, ha una causa determinante, anche l’inizio dell’universo ha una prima
causa non causata, cioè Dio, posto fuori dal divenire.
EX
CONTINGENTIA: Se tutte le cose presenti in natura sono contingenti, poiché non
hanno in sé la ragione della loro esistenza, deve necessariamente esserci un
essere di per sé necessario, che non tragga da altri la propria necessità, ma
sia causa di necessità ad altri.
EX GRADU
PERFECTIONE: Se in ogni cosa vi è un grado di perfezione che si accosta in
parte al massimo grado, deve esserci necessariamente un essere al massimo grado
di perfezione che sia causa dei gradi intermedi di perfezione in tutte le cose.
EX FINE: Se tutte
le cose sono ordinate a un fine e alcune di esse sono prive d’intelligenza,
deve necessariamente esserci un essere intelligente che indirizzi tali cose
verso uno scopo.
L’argomento
teleologico (o della “finalità” o del “Disegno Intelligente”) parte dal
presupposto della complessità dell’universo e dall’armonia della natura per
teorizzare l’esistenza di un artefice intelligente, che ha posto in essere il
creato per uno scopo.
CONFUTAZIONE
La ricerca
delle origini è sempre un regresso infinito. Il fatto che non si possa
procedere all’infinito nella concatenazione delle cause e degli effetti non
implica necessariamente l’esistenza di Dio. Se ipotizziamo che nessuna cosa è
causa di se stessa, perché dovrebbe necessariamente esserci una causa prima
oltre la realtà fenomenica? La causa prima potrebbe essere una causa fisica che
causerebbe sia le cause seconde sia se stessa (una sorta di auto creazione). O
tutte le cose hanno una causa, quindi anche Dio, oppure esiste qualcosa che sia
causa non causata, e questa potrebbe essere la materia o qualsiasi altra cosa
fisica, senza necessariamente ricorrere al concetto di Dio (come suggerirebbe
il “rasoio di Ockham”, cioè di tagliare le ipotesi superflue). Sappiamo che
nulla si crea dal nulla, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. La materia
può essere sempre esistita, sia pure sotto forma di energia. La causa prima non
causata non necessariamente deve essere migliore di ciò che determina. Il
concetto di causa e delle sue conseguenze implica quello della temporalità,
mentre Dio sarebbe fuori dal tempo e dallo spazio, immobile, non conforme alle
condizioni formali dell’esperienza, dunque un non essere, impedito a compiere
interventi nelle vicende terrene.
Il rapporto
causa–effetto non costituisce una connessione logicamente necessaria, ma
contingente. L’effetto B causato da A, che si è verificato in tutti i casi
finora esaminati, non è certo che continuerà sempre a verificarsi. Il metodo
per ricercare le cause non è il ragionamento “a priori” ma l’induzione fondata
sull’esperienza. A livello subatomico si può parlare di causa soltanto a
livello probabilistico. La cosmologia quantistica esclude la causa prima. Il
Big Bang e la nascita degli universi teorizzano fenomeni ricorrenti.
L’invarianza delle leggi naturali, cioè la regolarità presente in natura, non è
sufficiente a provare l’esistenza di Dio. Nei giudizi universali, in cui
un’entità di un certo tipo ha una certa proprietà, non sarà possibile una completa
verifica, in modo tale da poter affermare con certezza assoluta che tutte
quelle entità hanno sempre quella medesima proprietà.
Se ogni cosa
ha una causa, perché Dio non dovrebbe averne una? Perché Dio deve essere
soprannaturale e con le qualità attribuitegli dalle religioni? Perché non
potrebbe essere l’universo a essere causa di se stesso, a essere creativo? Se
ogni accadimento avviene in rapporto alle leggi della meccanica celeste, volute
da Dio, ne consegue che anche Dio è limitato da tali leggi, che potrebbero
essere a lui preesistenti. Se prima dell’universo non c’era nulla, dunque non
c’era neanche Dio. Se l’universo ha una causa iniziale, perché non la teoria
scientifica del Big Bang? Se il vuoto è spazio senza materia visibile, ma
carico di energia, perché non l’energia causa dell’universo?
L'idea di
poter riconoscere la presenza di un supposto “Disegno Intelligente” nella
natura, non prova l'esistenza di un Creatore. Perché ci deve essere
necessariamente una ragione soprannaturale artefice dell’esistenza delle cose?
Perché non piuttosto il complesso meccanismo chimico-fisico (non intelligente)
all’origine del tutto? L’argomento del “Disegno Intelligente” si avvale
dell’analogia tra un orologio, che presuppone un costruttore (l’orologiaio), e
l’ordine della natura, che presuppone un ordinatore (il Creatore). La
complessità dell’universo e della natura è proprio l’oggetto di studio della
scienza, che procede con cautela alla scoperta delle leggi e delle cause che
determinano i fenomeni materiali, piuttosto che avvalersi dell’ipotesi di un
Ente soprannaturale (ossia qualcosa di più complesso e del tutto improbabile).
Una valida teoria alternativa, proposta dalla scienza, che trova riscontri
nella realtà, è quella evoluzionistica (teorizzata da Darwin), osteggiata dai
religiosi fondamentalisti, apostoli del creazionismo, indirettamente aiutati
nella loro missione dall’inadeguata formazione scientifica dell’insegnamento
scolastico in molti stati. La selezione naturale delle specie viventi comparse
sulla terra agisce sulle variazioni prodotte da mutazioni casuali genetiche.
Soltanto gli organismi che si adattano meglio all’ambiente riescono a
sopravvivere e a riprodursi. La selezione naturale, come la “mano invisibile”
di Smith, regolatrice delle interazioni economiche di libero mercato, ha
condotto all’emergere spontaneo delle varie specie terrestri. La specie umana
si è evoluta in virtù della selezione naturale, non per effetto di
un’improvvisa creazione dal nulla di specie immutabili (creazionismo fissista).
2) L’ARGOMENTO
DEL PRINCIPIO ANTROPICO
Il principio
antropico pretende di spiegare su basi cosmologiche l’esistenza della vita.
Tale principio afferma che il mondo e le leggi fisiche che regolano l’universo
sono necessari affinché gli esseri umani possano esistere. Leggi fisiche
differenti precluderebbero l’esistenza della vita. Dunque, soltanto la presenza
di costanti fisiche e inderogabili nell’universo (che sarebbe irragionevole
considerare un semplice prodotto del caso) ha consentito la nascita della vita
e in particolare della vita intelligente. Il mondo, in sostanza, è stato
pianificato per noi da un Creatore.
CONFUTAZIONE
Il nostro
sistema solare fa parte della “Via Lattea”: una galassia anonima in uno
sconfinato universo di galassie (miliardi di galassie costituite di miliardi di
stelle). In questo scenario, la Terra è uno sperduto pianeta negli abissi del
cosmo e l’uomo è un essere solo nell’immensità indifferente dell’universo. La
sopravvivenza della vita sulla terra è connessa a quella della sua stella,
destinata a spegnersi con l’estinzione dell’altra. Non possiamo comunque
escludere che nessun’altra forma di vita sia possibile. La credenza nella fine
imminente dei tempi per cause diverse dall’estinzione del sole (come la collisione
della Terra con un asteroide), è un evento probabile, e ogni giorno potrebbe
essere l’ultimo della vita sulla Terra (senza bisogno di prospettare apocalissi
divine).
Il principio
antropico si fonda sull’osservazione sperimentale di un insieme di coincidenze
che, per quanto siano numerose, non provano nulla di per sé (secondo la teoria
delle probabilità). Esso è un’argomentazione di tipo finalistico (come quella
teleologica), estranea al metodo scientifico. Asserire che se l’universo non
fosse strutturato così com’è, il mondo e noi non ci saremmo, è una tautologia
che non dimostra un bel nulla. Attendiamo con pazienza che la scienza arrivi a
elaborare una solida teoria sulle condizioni iniziali dell’universo o che si
confermi quella riguardante la selezione naturale cosmologica, secondo la quale
dai buchi neri nascono nuovi universi tra loro differenti. Quanto alla vita
sulla Terra, abbiamo le prove dell’evoluzione sia nella selezione naturale
effettuata nei laboratori, sia in quella ad opera di coltivatori e allevatori.
Per quanto concerne l’uomo, ci sono prove evidenti nei fossili ritrovati, che
attestano la nostra discendenza dagli ominidi, nonché nella moderna genetica
evolutiva.
3) L’ARGOMENTO
DELLA SCOMMESSA
Secondo
Pascal, nelle questioni religiose più che la ragione valgono i sentimenti e
soprattutto l’utilità e il guadagno, come in una scommessa. Se, infatti,
scommettiamo su Dio, ci sono due possibilità: credere o non credere. La scelta
dipende dalla probabilità dell’esistenza di Dio associata a vantaggi e
svantaggi. Scommettere sull’esistenza di Dio si può o vincere e ottenere il
premio del Paradiso o perdere e sprecare la vita. Se invece si scommette sulla
non esistenza di Dio e si vince, ci si gode la vita; se si perde, si finisce
arrostiti nell’Inferno. Se consideriamo che il premio del Paradiso e il castigo
dell’Inferno siano eterni, mentre una vita sprecata o goduta sia breve,
conviene scommettere sull’esistenza di Dio, dove a una vincita infinita si
contrappone una perdita finita. Se invece scommettiamo sull’inesistenza di Dio,
a una vincita finita si contrappone una perdita infinita.
Paragonata a
una scommessa in una bisca, l’argomento di Pascal si fonda più sulla
convenienza di un improbabile guadagno che su una sincera convinzione di fede.
ARGOMENTI
MINORI
A) Una
curiosa dimostrazione teologico-matematica argomenta che Dio può creare
qualcosa dal nulla, cioè dallo zero. Si assume come simbolo dell’infinito X/0,
si moltiplica per zero e si ottiene il simbolo dell’indeterminazione 0/0, che
rappresenta un qualunque valore, ossia la creazione dell’universo dal nulla per
opera di una potenza infinita, cioè Dio.
Si obietta
che la pretesa di creare qualche cosa (ossia 0/0) con lo zero (dal nulla)
presuppone che Dio sia già in possesso di una quantità determinata (ossia X).
Se
l’universo comprende tutto ciò che esiste, non ci può essere una causa esterna,
un essere immutabile, indipendente, creatore. La sequenza di esseri mutevoli
deve avere una causa interna.
B) Un
argomento a favore dell’esistenza di Dio è la tendenza psicologica a scoprire
nelle coincidenze dei fenomeni, soprattutto se hanno risonanza emotiva, un
misterioso significato, una ragione. In realtà, l’unica ragione è quella della
pura coincidenza, sulla quale tendiamo a proiettare i nostri pregiudizi e a voler
vedere una conferma delle nostre credenze.
C) L’argomento
delle profezie parte dal presupposto che se le profezie rivelate si sono
avverate, chi le ha proferite ha dichiarato la verità e ciò confermerebbe
l’esistenza di Dio. Supponendo che non si tratti di profezie post
eventum (come per la maggior parte sono), il fatto che talune si
possano verificare, non costituisce un argomento valido, posto che, dal punto
di vista della scienza statistica, la probabilità che un dato evento possa
verificarsi non è un fatto anomalo. Pensiamo ai cultori delle presunte e
ingarbugliate profezie di Nostradamus, da cui ricavano interpretazioni
profetiche per ogni accadimento. Pensiamo alle presunte apparizioni della
Madonna a incolti pastorelli di Fatima, cui si presume abbia rivelato tre
importanti segreti, cioè delle profezie. In realtà, tali pretese profezie sono
inquadrabili nella categoria delle “post-monizioni” (annunci fatti dopo
che gli eventi narrati sono già accaduti). Le profezie di Fatima erano così
vaghe che potevano essere adattate per ogni evento. Le prime due furono
interpretate come predizioni della seconda guerra mondiale e come ascesa e
caduta del comunismo sovietico. La terza, come predizione dell’attentato al
papa Paolo Giovanni II. Inutile ripetere le critiche circa la superficialità,
l’inconsistenza storica, le evidenti incongruenze e l’illogicità manifesta
delle suddette profezie. L’ultima, inspiegabilmente, è stata tenuta per lungo
tempo segreta.
D) Un
altro argomento soggettivo è quello della presupposizione. Un libro sacro
presuppone l’esistenza di Dio. La storia che vi si racconta è convincente,
dunque il racconto testimonia l’esistenza di Dio. Ad accreditare la veridicità
del racconto è l’abitudine conseguente all’appartenenza a una tradizione di
valori e usanze religiose e culturali, assimilate durante la fase educativa
della prima infanzia e dell’adolescenza, che rende la persona meno critica di
fronte all’illusione della religione. Gli enunciati presenti nei libri sacri,
pur essendo ricchi di significati che suscitano emozioni, non sono dimostrativi
del vero. Affermare che le asserzioni di un libro sacro sono vere, perché sono
state scritte su ispirazione o addirittura su dettatura di un Essere divino, è
un ragionamento circolare che non dimostra nulla. Nell’esaminare l’affidabilità
dei testi sacri è preferibile avere una buona dose di scetticismo, prima di
appagare il bisogno emotivo di credere, anche in assenza di prove provanti. Il
fervore di credere in qualcosa, indotto dalla connaturata spiritualità
dell’uomo o dal senso di vacuità esistenziale, porta facilmente a confondere
l’immaginazione alimentata dal sentimento con la certezza razionale della
realtà. Santi e martiri rafforzano la credibilità di una religione. Più è
esteso il numero dei credenti più valore si attribuisce a una fede (effetto
club).
E) L’argomento
dei miracoli si affida alla testimonianza di eventi soprannaturali, che
fornirebbero la prova dell’esistenza di Dio. E’ un argomento che fa più notizia
rispetto alle scoperte scientifiche. Quando un evento improbabile è ritenuto
causato da un intervento divino, si crede che sia un miracolo, come
l’improvvisa guarigione da un male incurabile o lo scampare da una catastrofe.
Non ci si chiede perché Dio non abbia evitato il male o la catastrofe, che
procurano sofferenza e morte alle persone non miracolate. Se Dio è infinito
dovrebbe contenere in sé il male, ma Dio è sommo bene, perciò non potrebbe
volere l’esistenza del male. L’una proprietà di Dio esclude l’altra. Un
presunto miracolo non può violare una legge di natura, se ciò accadesse,
significherebbe che tale legge è sbagliata e va rivista. Dio non può fermare il
sole (cioè la rotazione della Terra) e la luna per favorire Giosuè a danno dei
suoi nemici (Giosuè 10,12-14).
F) Qualunque
definizione si voglia dare di Dio, non equivale a dimostrare la reale esistenza
di un Essere che sia a nostra immagine e somiglianza. Asserire che Dio è ciò
che non si può spiegare, significa semplicemente ammettere i nostri limiti,
posto che, in base al teorema d’incompletezza di Godel, noi possiamo soltanto
comprendere informazioni inferiori a noi per complessità. Asserire che Dio è
l’incredibilmente complesso è pura tautologia.
G) La
tendenza cognitiva e l’emotività sono fattori che inducono le persone a credere
in Dio. Tramite la funzione cognitiva, la mente elabora le informazioni
provenienti dall’ambiente esterno e percepite per mezzo dei recettori
sensoriali. Il mondo percepito è interpretato dalla mente ed espresso mediante
il linguaggio. Lo sviluppo cognitivo di un individuo dipende
dall’intersoggettività (apprendimento mediante l’interazione con altri
individui) e dalle esperienze vissute. La mente ha la tendenza a consolidare
convinzioni e idee che si sono acquisite in passato e che trovano conferma
nella quotidiana esperienza di vita. Una volta consolidate, difficilmente la
mente tende a modificarle, se non con estrema lentezza e in modo parziale.
Occorrono forti stimoli per modificare il proprio modo di pensare. Le
convinzioni religiose, assimilate dalla tradizione culturale in cui si vive,
non sono, per la maggior parte delle persone, scelte razionali. La disposizione
a credere, indotta dalla propria educazione e dalla società in cui si vive, può
trasformarsi in una indubitabile certezza. Una volta che si abbraccia
un’opinione, si difende in tutti i modi, cercando argomenti che possano
confermarla, piuttosto che dar peso agli argomenti che possono inficiarla. La
credenza in Dio, dunque, non è innata nell’uomo, giacché è il prodotto della
cultura assimilata durante il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza.
H) La
convinzione che la legge morale sia tendenzialmente universale, porta a credere
che sia stata infusa da Dio. In realtà i codici morali delle varie culture
hanno in comune soltanto alcun valori fondamentali, interiorizzate dall’uomo
durante il lungo processo di evoluzione.
CONCLUSIONE
Le credenze
religiose non sono né verificabili né falsificabili, se non post mortem.
Esse sono assunte con la fede, che non chiede ragioni e dimostrazioni. La
ragione, invece, dubita riguardo a verità metafisiche, presunti miracoli,
racconti inverosimili di scarso valore storico o fondati sulla superstizione o
sulla testimonianza d’ispirati mistagoghi, intermediari tra la divinità e gli
uomini.
Lucio Apulo Daunio
BIBLIOGRAFIA
Ambrosetti Antonio, La matematica
e l’esistenza di Dio
Anselmo d’Aosta, Proslogion
Barrow John D., Da zero a
infinito. La grande storia del nulla
Dawkins Richard, L’illusione di
Dio: Le ragioni per non credere
Descartes René, Meditazioni
metafisiche
Giorello Giulio, Di nessuna
chiesa: La libertà del laico
Godel Kurt, La prova matematica
dell’esistenza di Dio
Hitchens Christopher, Dio non è
grande
Hume David, Dialoghi sulla
religione naturale
Kant Immanuel, Critica della
ragion pura
Odifreddi Piergiorgio, Il vangelo
secondo la scienza
Onfray Michel, Trattato di
ateologia
Paulos John Allen, La prova
matematica dell’inesistenza di Dio
Pievani Telmo, Creazione senza
Dio
Riva Ernesto, Breve storia
dell’ateismo
Russell Bertrand, Perché non sono
cristiano
Stenger Victor J., Perché la
scienza non crede in Dio
Timossi Giovanni R., Prove
logiche dell’esistenza di Dio
Vacca Roberto, Dio e il computer
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