lunedì 8 settembre 2014


DIO COME
ESPRESSIONE DELLA COSCIENZA UMANA


L’uomo ha conseguito, durante il suo lungo cammino dai primordi della vita, una consapevolezza di sé e del mondo esterno. É perciò provvisto di una vita interiore, di un pensiero con cui ragiona con se stesso. Manifesta altresì una vita esteriore, dialogando con il mondo esterno, da cui attinge conoscenze. La sua essenza non è solo ragione, ma anche sentimento, forza di volontà, istinto, carattere, personalità, intelligenza, passione.

L’uomo, dunque, non è solo un’espressione della ragione, ma anche delle suggestioni indotte da sentimenti e passioni scaturenti, in un determinato periodo storico, dai rapporti con il mondo esterno e con se stesso. Ha acquisito una coscienza con cui conversare, ma anche con cui fantasticare, inseguendo realtà immaginarie, fino a idealizzare un altro da sé. La coscienza è lo specchio interiore in cui l’uomo riflette la sua essenza. Avere sentore di sé, del proprio corpo, del mondo, ciò non implica necessariamente l’esistenza di una vitalità e di una realtà anche dopo la morte. L’intuizione del soprasensibile non implica l’esistenza effettiva di un Ente trascendente: ipostasi immaginifica, vana come i sogni della notte, dove tutto è confuso e tutto precipita nell'abisso del nulla con il risveglio della coscienza e della ragione. Oggettivandosi fuori di sé, l’uomo ha idealizzato la sua essenza, rappresentandola nella forma di un Essere divino, sovrumano e perfettissimo, presumendolo esistente, eterno, creatore del mondo. Ascrivendo degli attributi all'Ente pensato, ha creduto che esso esistesse realmente, in una diversa dimensione. Ha creato un’immagine irreale di sé, estraniata da sé, in cui ha proiettato illusorie qualità ideali e ne ha fatto oggetto di culto. Rappresentando la nebulosità dell'irrappresentabile con l'immaginazione, spazio senza limiti, ha creduto di vedere l’invisibile e sentire il non sensibile. Una divinità inintelligibile avvolge e stravolge l’uomo religioso durante la sua labile esistenza. L’opposizione tra uomo ed Essere divino è un’illusoria costruzione umana di un’entità astratta, modellata con l’immaginazione, da cui l’uomo fa dipendere la propria esistenza in questa e nell'altra vita.

Dio è ciò che la mente e il sentimento dell’uomo hanno rappresentato esistente oltre il reale. L’immagine psicologica dell’essenza divina, intesa come verità assoluta da cui attingere certezze, si concretizzata in una fede religiosa, che induce a credere in un mondo ultraterreno e in una vita eterna dopo l’infausta morte. La religione è caratterizzata da dipendenza e adorazione: l’una genera l’altra. Ciò che l’uomo desidera avere al massimo grado, lo immagina presente nell'onnipotenza dell’Ente divino. L’illimitatezza di Dio riflette i desideri innumerevoli dell’uomo. La presunta esistenza di un’essenza divina, in quanto ritenuta vera, è creduta anche reale, ma di una realtà trascendente, quindi extra fisica, dunque ipotetica. Ciò che si crede vero, si crede che sia anche esistente, ancorché in una diversa realtà, che può essere conosciuta anche indirettamente, come nel cristianesimo, tramite la “rivelazione” di un messia. Una vita d’eterna beatitudine in un mondo soprannaturale, in cui regna la divinità, non l’umanità, è l’agognata meta “post-mortem” del cristiano. La natura divina, sacralizzata e santificata, è opposta al mondo profano e peccaminoso. Quanto più si apprezza l’illusoria positività dell’Ente divino (ens rationis = puro pensiero senza concretezza), tanto più si disprezza la realtà, caratterizzata da negatività e limitatezze. L’inno trionfale dell’auspicata gioia paradisiaca, il “Gloria in excelsis Deo”, si leva dagli abissi della sofferenza umana. Nell'armonia di Dio, l’uomo religioso vede la conciliazione delle dissonanze del mondo. La credenza nell'assoluta eticità dell’entità divina è il riflesso dei sentimenti morali dell’uomo, la proiezione del suo dover essere in un essere eccezionale. Dio è ciò che l’uomo immagina più grande d’ogni realtà, un ente perfettissimo, una dimensione senza limiti temporali e spaziali (Anselmo d’Aosta). Egli è sempiterno, contrariamente all'effimera natura dell’uomo. É luminoso e splendente: è luce che illumina le tenebre e vede, e vedendo conosce, e conoscendo sa. È onniveggente e onnisciente. La sua onnipotenza è imperscrutabile. Il suo libero arbitrio è insindacabile. In verità, Dio è solo un nome prodotto dal “gioco” linguistico inerente alla speculazione religiosa: un’illusione, una speranza, una parvenza, un'oggettivazione dell’essenza umana idealizzata. Dal Logos, potente parola creativa di Dio (Verbo), si è fatto derivare l’esistente. L’infinita potenza di Dio è stata posta a fondamento di tutto il reale.

Dio, un concetto astratto, si concretizza nel cristianesimo come Ente invisibile (purissimo spirito), sussistente in tre distinte mistiche sostanze d’identica natura. Dall'autorevolezza della parola di un uomo, supposto messia, adorato come Figlio di Dio, i cristiani hanno creduto di trovare la salvezza per il genere umano, segnato da una presunta colpa originale. Dalla provvida sventura della passione di un uomo, il Cristo Gesù, hanno dedotto l’attuazione della redenzione: positivo riscatto dal negativo del mondo. Con la potenza del nome di Cristo, Figlio di Dio e lui stesso Dio, i suoi seguaci, titolati di sacralità, presumono di scacciare diavoli, compiere prodigi, redimere colpe e fare da tramite alle anime inquiete in cerca di beatitudini edeniche. In realtà, dal nulla oltremondano non può derivare qualcosa di concreto in virtù di un potere divino (ex nihilo nihil fit). Se di ciò che sappiamo non abbiamo certezza assoluta, figuriamoci se da ciò che non è si possa derivare qualche sapere. Tutto si compie non per intervento divino, ma in seguito a fenomeni di cui solo in parte se ne conoscono le cause; per il resto, la scienza formula solo ipotesi e continua a perseverare nella ricerca. L’esperienza del divino, in quanto fuori della concreta realtà, non rientra nell'ambito delle concrete possibilità conoscitive dell’uomo. Solo la realtà oggettiva è relativamente conoscibile e interpretabile. Dio è un concetto estraneo alla realtà oggettiva, un non-senso rivestito d’enfasi e caricato di significati. L’oltremondano è un insieme concettuale di parole e immagini costruite artificiosamente. Credere nella reale esistenza dell’aldilà è possibile in virtù di una fede religiosa. In realtà, l’Ente divino che si rappresenta nella mente è in relazione con l’immaginazione, non con l’esperienza. Dire che un asino vola, significa esprimere un concetto fittizio mediante termini che denotano cose e fatti concreti (ossia un asino e l’atto di volare proprio di certe specie d’animali). Dalla concretezza degli elementi non può desumersi la certezza espressa da un concetto. La fede in Dio, Verità Assoluta, al vaglio della ragione critica, è una contraddizione in termini, in quanto la fede implica credenza in un assunto, non certezza di una verità.

La fede cristiana è la credenza in una pretesa verità indiscutibile, rivelata da una supposta divinità umanizzata, testimoniata da testi inattendibili, tramandata dalla pervicace autorità di una Chiesa istituzionalizzata e legittimata. Non c’è garanzia che la verità rivelata nei sacri testi pervenga da Dio e non dalla testa immaginifica degli uomini. Le trascendenti verità della fede cristiana non si fondano su certezze fattuali, su ipotesi verificabili o falsificabili dall’esperienza effettiva, perciò non si prestano all’esercizio critico della ragione, all’obiettività di una valutazione. La fede assoluta in un assunto metafisico, non sperimentabile, non controllabile, non falsificabile, è una fede che non elimina l’errore, come fa invece la scienza. La fede implica la volontà di credere, ma questa non implica la verità delle cose, bensì l’opinione riguardo ad esse.

L’interesse della Chiesa ad evangelizzare il mondo intero consiste nell’imporre “erga omnes” il proprio modello etico, religioso, politico, come l’unico voluto da Dio per la nostra salvezza nell’aldilà. La Chiesa, in quanto istituzione storicamente determinata, giuridicamente riconosciuta, coadiuvata da fedeli gregari e da politicanti codini, è lo strumento con cui il clero attua il proprio dominio sulla collettività, plagiando le coscienze con il mito di Cristo, mediante un sistema formativo d’indottrinamento “ad hoc”. In quanto “ecclesia”, ossia comunità di fedeli, essa tende ad egemonizzare la collettività, invadendo il sociale e socializzando la religione. Il culto religioso rinsalda il legame dell’individuo con l’identità collettiva d’appartenenza ad un sistema sociale e culturale, espressione di un comune sentire, di un consenso collettivo. L’angoscioso bisogno degli uomini di conoscere il mistero d’essere nel mondo trova puntuale risposta nella verità assoluta di una fede rivelata. L’ideologia dominante della Chiesa, sia durante il lungo periodo medioevale sia in prosieguo di tempo, ha egemonizzato le istituzioni dello stato, la società laica, la cultura, imponendosi come unica vera religione, statuendo precetti e norme etiche obbligatorie. Le prescrizioni del cristianesimo cattolico sono inculcate nelle coscienze sin dalla tenera età, fossilizzandosi in imperativi categorici in funzione dei dogmi e dei culti sotto i quali si celano le forze occulte del potere clericale. I preti, come gli stregoni, s’arrogano un sapere magico, mascherato di sacralità carismatica, drammatizzata con le imponenti scenografie liturgiche, gli sfarzosi cerimoniali e i melodiosi canti gregoriani. Il magico rituale religioso è finalizzato a soggiogare la massa dei fedeli, inducendoli alla pietà verso il divino e all’obbedienza verso chi in terra lo rappresenta (spesso, come la storia documenta, indegnamente).

Dio, giacché immaginato come un essere perfettissimo, pura ragione trascendente e suprema legge morale, non può che amare se stesso e creare tutto in funzione della sua gloria. L’uomo, umiliando se stesso a causa della limitatezza e dell’imperfezione della sua natura, supplisce alle deficienze naturali, venerando l’egoismo di un Tutto irreale, un Nulla di fatto. Il bisogno d’immaginare un ente perfetto e potente sopperisce all’incompletezza dell’umana natura, tormentata dall’angoscia esistenziale, assillata dal dubbio e dalla paura dell’ignoto. Al lancinante dolore dell’esistenza, l'uomo trova conforto venerando un’illusione. Per tacitare il timore del precario e mutevole divenire, s’immerge nell’oscurità della superstizione, credendo di attingere sicurezza e conforto. L’ideologia religiosa, impregnata di teorie astratte, sublima la transitorietà della concreta esperienza, imponendo concezioni dogmatiche, certezze e valori assoluti, che determinano sicurezza all’agire dell’uomo. La fede cristiana si fonda sulla credibilità che le testimonianze delle Scritture siano attendibili e sulla convinzione di poter conoscere cose non viste, perché percepibili nel profondo della propria coscienza. Non è una libera scelta la credenza religiosa, se la volontà è condizionata in tal senso sin dall’infanzia.

L’ideologia cristiana, in quanto valore assolutizzato in forza di una fede rivelata da una pretesa divinità, è il metro con cui la Chiesa giudica l’agire umano, giustificandolo o criticandolo in rapporto alla conformità o non conformità ai propri dogmi e principi. I catechizzatori cristiani influenzano i comportamenti degli adepti imponendo il “cultus religionis”. L’egemonismo del cristianesimo, di una fede che si rinnova nella sua staticità, reinterpretando le sue pretese verità, ha dominato per secoli la cultura laica, subordinando lo stato ai suoi principi e contrastando la piena autonomia del potere civile rispetto a quello religioso. I suoi sistemi educativi e formativi sono finalizzati ad inculcare nella mente, sin dall’infanzia, norme e valori assoluti, condizionando i comportamenti e plagiando le coscienze. Il sistema di credenze religiose e i relativi valori etici, inculcati nell’animo degli adolescenti con parole suadenti sin dalla prima educazione, sono assimilati acriticamente, imprimendosi indelebilmente. L’educazione emotiva alla superstizione magico-religiosa del cristianesimo scolpisce la coscienza infantile, conformandola al sentire di una fede e asservendola, anche in età adulta, ad una stretta dipendenza alla sacralità cristiana. L’intelletto, soggiogato dal mito cristiano, è imprigionato nella gattabuia di una supposta verità rivelata da Dio. In realtà, una convinzione ideologica assoluta, fondata su una fede incondizionata in un’entità inesistente. Non è facile estirpare ciò che si è radicato in noi sin dall'infanzia. Le norme religiose, infatti, sono accettate come idee innate, naturali, che non richiedono punto un esame razionale o il sostegno di prove logiche. L’assolutismo religioso, in quanto ritiene d’essere universalmente valido, pretende d’imporsi a tutti. Non può scendere a compromessi con altre fedi, nei confronti delle quali alimenta il concetto di “diverso” fino all'estrema avversione per incompatibilità, se non addirittura fino alla repressione per necessità. Un acritico sistema educativo tende a degenerare in fanatismo e intolleranza. La storia è testimone della spietatezza criminale perpetrata nei secoli dalla violenza cristiana in nome dell’amore assoluto per un triste dio, inspiegabilmente uno e trino. Le mire politiche del cristianesimo, e del cattolicesimo in particolare, sono volte a condizionare il corso storico, nella sua totalità, per dirigerlo verso la propria meta, prefissata in ogni tempo con una sua specificità.  Dal sincretismo tra cultura religiosa e laica, conseguente all'alleanza fra trono e altare, il cristianesimo ha prodotto e adattato ai tempi una sua ideologia politica, auto-giustificativa, al fine di conquistare e conservare il potere sulle coscienze, legittimandosi. Persino una “sinistra” opportunista, convertita al buonismo, per acquisire un più vasto consenso popolare legittimante, si è aggregata al giogo del carro clericale, lasciandolo correre a briglia sciolta. Finanche filosofi che si dichiarano laici, poco attenti alle idee scientifiche, crocifiggono la ragione per cercare una fede smarrita, soffrendo sussulti e riflussi, “credendo di credere”, ossia d’illudersi di un Nulla, che sostituisce un vuoto mentale. Dio è la risposta irrazionale alle domande cui la scienza non può dare ancora una spiegazione plausibile. Solo con il supporto della ragione fondata sulla concretezza, l’uomo può ritrovare l’io alienato nell'altro da sé.



Lucio Apulo Daunio