venerdì 18 febbraio 2011


IL TEATRO RELIGIOSO NEL MEDIOEVO

 

Il teatro è una rappresentazione del mondo umano e divino. Il teatro drammatico occidentale, originario della Grecia classica, nasce dai misteri del dio Dioniso, cioè dalle manifestazioni religiose a carattere rituale (processioni e danze, cui si aggiunsero parti, recitate da attori in maschera, e il coro).

Dramma, costituito dalla tragedia e dalla commedia, è un componimento letterario dove i personaggi si manifestano direttamente, in azione e dialogo. Le azioni drammatiche, messe in scena davanti a un pubblico, sono rappresentate da attori, che interpretano personaggi in relazione tra loro e recitano con il ritmo della metrica. Mediante l’uso delle maschere, si rappresentano caratteri e sentimenti. La tragedia greca (Eschilo e Sofocle) tratta argomenti che riguardano personaggi mitici o storici, appartenenti al supremo ceto sociale, alle prese con situazioni tragiche (infrazioni di norme), dove finiscono per soccombere (l’eroe, capro espiatorio, rappresenta la catarsi contro i mali della collettività), suscitando nello spettatore pietà e terrore. Fonte principale per il teatro tragico antico sono le terribili storie familiari, lontane nel tempo, trasmesse dal mito, fatte di odi, di uccisioni, di lutti che diventano paradigmi della storia dell’uomo e monito agli spettatori, che potranno cercare di evitare i mali del passato. La commedia (Aristofane), invece, espone con linguaggio realistico le vicende buffe e a lieto fine di personaggi appartenenti ai ceti medi e infimi. A metà fra tragedia e commedia si situa il dramma satiresco (riconducibile al culto del dio Dioniso), dove si deridono le divinità. Simili al dramma satiresco sono talune tragedie di Euripide, dove al tragico si mescolano note comiche (come in Alcesti, Ciclope, Baccanti, Troiane). Con Menandro, ha inizio la nuova commedia attica, a carattere tipicamente umoristico piuttosto che satirico (come in Aristofane). Nei testi di Menandro sono ridicolizzati i vizi e le debolezze umane (così nel Misantropo). Al tramonto della civiltà greca, il teatro è sostituito dal mimo (la tecnica gestuale che sostituisce la parola), dalla pantomima (racconto muto, rappresentato con la tecnica del mimo) e dall’idillio (brevi scenette piene di vita).   

Le rappresentazioni classiche della commedia e della tragedia greche, importate a Roma, mostrano segni di decadenza. Il teatro romano si caratterizza come forte spettacolarità ma basso profilo letterario. Compaiono scene truculente (persino esecuzioni capitali) e lascive (esibizione del nudo femminile e oscenità varie). Si rappresentano non solo drammi di argomento e ambientazione greca (commedia palliata, con testi di Andronico, Nevio, Plauto, Stazio, Terenzio; tragedia coturnata, con testi di Andronico, Nevio, Ennio), ma anche commedie e tragedie di argomento e ambientazione romana (l’atellana e la commedia togata o tabernaria, con testi di Nevio, l’una, di Afranio, l’altra; la tragedia praetexta, con testi di Ennio, Pacuvio, Accio).

Agli albori del Medioevo, in cui ha inizio un diverso periodo storico, caratterizzato dalle invasioni barbariche (sacco di Roma del 410 a causa dei visigoti di Alarico) e dalla conseguente decadenza dei centri urbani, scompare lo spettacolo teatrale dell’antichità greca e romana (sia del periodo repubblicano sia del periodo imperiale). Dopo Seneca, con la corruzione dei costumi (satireggiate da Giovenale) e la crisi dei valori della romanità (i mores maiorum), cambia il gusto dei romani per il teatro, che si degrada sempre più con il preferire commedie scurrili, caratterizzate da oscenità e volgarità del genere “mimo” e “pantomimo”. Dopo l’avvento di Costantino, la forza moralizzatrice del Cristianesimo si mostra avversa a spettacoli volgari o connessi alla religione pagana, tacciata di violenza e immoralità. L’apologista cristiano Tertulliano e i Padri della Chiesa criticano aspramente gli spettacoli teatrali, i giochi gladiatori negli anfiteatri e le corse con le bighe nel circo massimo, tacciandoli d’idolatria, violenza bestiale, immoralità, oscenità. Ambrogio e Agostino oppongono agli spettacoli pagani (non solo quelli riguardanti i giochi nell’arena e nel circo, tacciati di passionalità e violenza, ma anche quelli teatrali, relativi alla finzione scenica del racconto mitico, tacciati di vanità), lo spettacolo liturgico cristiano, fondato sulla realtà delle opere di Dio e di quelle di Cristo e dei martiri. I drammi vissuti dal popolo eletto, raccontati nella Bibbia, e il dramma della passione di Cristo, raccontata nei Vangeli, giacché contrappongono alla sofferenza degli oppressi e dei perseguitati la speranza di una salvezza, forniranno gli argomenti per il teatro religioso medievale, assumendo il medesimo valore educativo dell’antica tragedia.

Lo spettacolo scenico profano nel periodo medioevale sopravvive in una certa misura presso le corti principesche e signorili per opera degli attori girovaghi, mentre taluni testi teatrali classici sono studiati come modelli di stile nelle scuole dei chierici. Il teatro medievale popolare a carattere profano trova espressione per opera di giullari, menestrelli, chierici vaganti, compagnie girovaghe, che allestiscono spettacoli per le corti o per il popolo sulle piazze. Dalle farse popolaresche e dagli intermezzi comici della tradizione giullaresca si sviluppa il teatro comico. Le feste popolari profane, durante l’alto medioevo, sono caratterizzate da manifestazioni di tipo ludico-bellico o da tornei cavallereschi, frammezzati da scene comiche da parte dei giullari, che indossano abiti buffi cosparsi di campanacci.

Il teatro religioso medievale si distingue in:

-  laude drammatiche, dialogate in lingua volgare, sorte in Umbria (Jacopone da Todi), con temi tratti dalla Bibbia o dalle sacre leggende, recitate dalla confraternita dei Flagellanti sulle piazze con l’utilizzo di semplici sceneggiature;

-  sacre rappresentazioni, tipiche della Firenze del XIV secolo (Poliziano; Lorenzo il Magnifico), originate dai drammi liturgici, ma svincolate dalle cerimonie liturgiche (Le Vergini folli; I Profeti di Cristo; Il Dramma di Adamo; Il Gioco della Resurrezione);

-  teatro dei misteri (della religione), dei miracoli e della moralità, messi in scena dalle confraternite (a Parigi, dalla Confraternita della Passione), con temi tratti dalla vita di Cristo (Natività, Passione, Resurrezione) o dalle leggende dei santi (I Miracoli di Notre-Dame, della confraternita parigina degli orefici; Il Miracolo di Teofilo, di Rutebeuf; Il Gioco di San Nicola, di Jean Bodel);

-  miracle o mystery o morality play: cicli di rappresentazioni religiose, sviluppatesi in Inghilterra, affidate alle corporazioni cittadine (guilds);

- auto (atto): dramma religioso spagnolo.

Il dramma liturgico, recitato dagli ecclesiastici, ispirato agli episodi biblici, è preso come modello per le rappresentazioni sceniche nelle cattedrali e, in seguito, con la separazione della recita dalla liturgia, in luoghi profani, esterni alla chiesa, per celebrare festività religiose o civili. Le parti femminili erano rappresentate da uomini e i personaggi erano riconoscibili dai costumi che indossavano. Un ruolo notevole avevano gli angeli e i demoni. Gli scenari, ripartiti in tre piani distinti: cielo, terra, inferno, ambientati nelle chiese o sulle piazze, erano rappresentati simultaneamente, con attori e comparse che restavano sempre in scena.

La monaca sassone Rosvita di Gandersheim, principale figura del periodo di “rinascita ottoniana” (X secolo), prima esponente del dramma medievale, adottando lo stile di Terenzio, compone sei drammi in prosa rimata a contenuto morale e comico. Il personaggio al centro dell’azione, ad eccezione del dramma “Gallicano”, è un’eroina, di cui esalta di volta in volta la castità, la redenzione, la fede di fronte al martirio. La badessa di un monastero, in Alsazia, Herrada di Landsberg (XII secolo), autrice dell’enciclopedia “Hortus deliciarum” (raccolta di scritti tratti dalla Bibbia e da autori cristiani finalizzati all’edificazione e all’istruzione delle religiose), insegna ad amare la vita con i suoi coinvolgenti enigmi. I suoi exempla sono racconti di viva esperienza di religiosità, simili a quelli messi in scena, prima nelle chiese, poi sulle piazze, volti a rappresentare episodi della vita di Cristo per accrescere la fede dei credenti e per eccitare gli increduli ad aprirsi alla vera religione. La rappresentatività scenica degli eventi liturgici del mistero cristiano media tra realtà e finzione, tra la memoria di fatti veramente accaduti e l’attore interprete della vita di Cristo.

L’affermazione del cristianesimo nel IV secolo consentì lo sviluppo delle solenni, spettacolari, drammatiche liturgie nelle basiliche, soprattutto nel periodo della settimana santa. Abbiamo, al riguardo, la testimonianza della spagnola Egeria, pellegrina in Terra Santa, dove assistette alla rievocazione degli episodi della passione, morte e resurrezione di Cristo. L’opera “Itinerarium Egeriae” è la descrizione, sotto forma di un diario, di un pellegrinaggio ai luoghi santi del giudaismo e del cristianesimo. Dopo la descrizione dell’itinerario del viaggio, che occupa la prima parte del diario, Egeria si sofferma a descrivere la liturgia quotidiana, feriale e domenicale, e le feste religiose che scandivano l’anno liturgico a Gerusalemme. In Occidente, si diffuse l’uso di praticare una solenne processione la domenica delle palme per rievocare l’entrata festosa di Cristo nella città santa a dorso di un’asina, acclamato come re dalla folla, che agitava fronde di palma. Nelle chiese, i cantori, divisi in tre gruppi (tono grave per Cristo, medio per il narratore, alto per i restanti personaggi), accompagnati dal coro (in rappresentanza del popolo), davano inizio alla drammatizzazione dei racconti evangelici del periodo pasquale. Nelle rappresentazioni teatrali del dramma pasquale comparivano personaggi non citati nei Vangeli, come ad esempio il venditore di balsami alle pie donne in visita al sepolcro di Cristo. Il dramma liturgico si estese ad altre feste dell’anno liturgico e soprattutto a quelle del periodo natalizio. Lo spazio scenico era simultaneamente rappresentato in più luoghi d’azione nell’ambito sacro della chiesa. Dal XII secolo, il dramma liturgico (ludus), recitato in latino dai chierici in chiese e monasteri, fu trasportato nelle piazze per opera dei laici (borghesia), che lo tradussero in lingua volgare. In tal modo, il dramma diventava più comprensibile, meno rituale, più realistico (si rappresentavano scene dolorose frammezzate da momenti di comicità). La borghesia si organizzò in associazioni di mutua solidarietà, come le corporazioni di arti e mestieri per scopi professionali o come le confraternite per le finalità religiose e per l’assistenza. Guide spirituali della borghesia furono gli ordini mendicanti (Domenicani o Predicatori e Francescani o Minori). Questi riti drammatici laicizzati sono tuttora rappresentati in molte regioni italiane.

Il teatro religioso in Italia si fa risalire al moto penitenziale dei flagellanti, sorto a Perugia nel 1260. Distinte dalle laude lirico-musicali delle festività liturgiche sono le laude narrative e drammatiche (come quelle di Jacopone da Todi), rappresentate nel c.d. “teatro della pietà”. Le laude drammatiche sono accompagnate da immagini realistiche della passione (come la flagellazione a sangue). Imponenti manifestazioni teatrali furono rappresentate dalle confraternite nel Colosseo. La commozione suscitata dalla realistica drammatizzazione della passione di Cristo era tale che ingenerava un sentimento feroce degli spettatori contro gli ebrei, identificati dalla tradizione come gli assassini di Gesù. La rappresentazione teatrale si avvaleva anche di complessi apparati scenici per simulare, ad esempio, il volo dell’angelo, l’ascensione di Gesù, l’assunzione di Maria, la discesa dello Spirito Santo sotto la forma di una colomba. Si rappresentavano non solo episodi biblici (misteri), ma anche miracoli di santi. Tra i santi più venerati e rappresentati spicca la figura del taumaturgo San Nicola di Mira (Asia Minore), le cui spoglie furono trafugate a Bari nel 1087. In seguito, attraverso una complessa evoluzione, san Nicola si trasformò in Santa Claus e poi in Babbo Natale. Il culto di un santo patrono differenziava una chiesa, un quartiere, un paese, una città o un regno dagli altri. In onore del santo patrono si organizzavano rappresentazioni teatrali comprendenti la storia del santo e i miracoli compiuti, ma anche scene che si riferivano alla particolare protezione che si attribuiva al santo (Sant’Apollonia, ad esempio, s’invocava per i mal di denti, poiché era stata martirizzata strappandole i denti).

Come nell’antichità classica, anche nel Medioevo l’attività teatrale è legata alle ritualità delle feste politiche e delle ricorrenze religiose, scandite dal calendario dell’anno liturgico. Inserendo le proprie festività in concomitanza con i riti e i culti pagani, la Chiesa iniziava una colossale opera di cristianizzazione e di lotta alla magia. Uno dei risultati dell’interazione tra cultura cristiana e religioni pagane fu la nascita del folclore. I tempi ciclici delle stagioni, che scandivano i lavori dei campi, furono collegati alle festività liturgiche, cui erano associate credenze magiche desunte dal folclore popolare di origine pagana, come la festa dei folli nel periodo tra il Natale e l’Epifania, durante il quale accadeva un rovesciamento dell’ordine costituito e si consentivano intemperanze. Gli scolari dei monasteri e delle scuole ecclesiastiche indossavano abiti alla rovescia e si abbandonavano a giochi e scherzi goliardici. Si motivava la festa come valvola di sfogo per giovani sottoposti alla dura disciplina ecclesiastica. La breve esperienza del disordine giustificava l’ordine e il rigore della legge. Data la sua stretta connessione con i riti pagani, la festa dei folli fu condannata dalla Facoltà teologica di Parigi nel 1444. In seguito, sotto altre forme, la festa dei folli trovò uno sbocco nei rituali carnevaleschi, dove l’uso delle maschere, censurato dalla Chiesa, fu in seguito permesso nelle sacre rappresentazioni come raffigurazione del diavolo. Nella Commedia dell’Arte le maschere rappresenteranno il prototipo psicologico del personaggio drammatico. La tradizione carnevalesca ha origini antiche, collegata a feste e rituali in onore di divinità (come la dea Iside in Egitto, che simboleggiava il perpetuarsi del ciclo della vita). In Grecia si celebravano feste a carattere orgiastico in onore di Dioniso (Bacco). A Roma erano famosi i Saturnali, celebrati durante il periodo di fine dicembre (corrispondente al nostro periodo natalizio), durante il quale erano temporaneamente sospese le norme che regolavano i rapporti umani e sociali (l’incontrollata baldoria spesso degenerava in atti d’intemperanza e dissolutezza). Nella tradizione cattolica il carnevale è la festa che si celebra nel periodo della Quaresima.

L’umanesimo, prima, la riforma protestante, dopo, esaltando la religiosità del rapporto interiore con Dio, furono decisivi per la fine del teatro religioso medievale, caratterizzato dalla ritualità scenica e profana dello spettacolo. Con la Controriforma, la drammatizzazione liturgica assunse forme scenografiche nel c.d. “teatro della gloria” o “della luce”, rappresentato in concomitanza di feste religiose (del Santissimo Sacramento, dei sepolcri della settimana santa, del Corpus Domini, della canonizzazione dei santi, delle solenni traslazioni di reliquie) e civili (come le feste patronali e le pompe funebri con i sontuosi catafalchi). Di notevole impatto spettacolare furono le processioni con il Cristo morto, allestite dalle confraternite religiose. Il teatro religioso medievale nei paesi cattolici non finisce del tutto, ma continua ancora a essere rappresentato durante le principali festività religiose (come i presepi viventi del periodo natalizio o le Passioni di Pasqua).
Lucio Apulo Daunio

 

BIBLIOGRAFIA

Allegri Luigi, Teatro e spettacolo nel Medioevo

Balestracci D., La festa in armi. Giostre, tornei e giochi nel Medioevo

Bernardi Claudio e Susa Carlo, Storia essenziale del teatro

Contini Gianfranco, Teatro religioso del Medioevo fuori d’Italia

Drumbl Johan, Quem Quaeritis. Teatro sacro dell’alto Medioevo

Toschi Paolo, Le origini del teatro italiano.

Nessun commento:

Posta un commento