lunedì 23 novembre 2015

BREVI CONSIDERAZIONI SULL'ISLAMISMO



BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ISLAMISMO

 "Rari e felici i tempi in cui è permesso di pensare ciò che si vuole, e di dire ciò che si pensa" (Tacito, Historiae, I,1)

LA CRITICA NON CONOSCE TESTI INFALLIBILI (Ernest Renan)



L’islam è composto da una complessità e da una varietà d’interpretazioni, correnti, etnie, scuole giuridiche, tradizioni locali, gruppi religiosi (differenziati in Sunniti, Sciiti e altre minori sette, spesso in conflitto tra loro per l’egemonia politica).

La cultura islamica condiziona il musulmano a una perenne sottomissione ad Allah. Ogni azione compiuta dal musulmano deve conformarsi alla volontà di Allah: al Corano rivelato al Profeta Maometto. Azioni, abitudini, consuetudini, stili di vita, modi di vestire e di alimentarsi, manifestazioni artistiche, ordinamenti politici e giuridici, insomma, tutta la vita del musulmano deve essere perenne devozione ad Allah.

L'autorità politica e religiosa islamica fa derivare il potere direttamente da Allah, non da una libera determinazione della volontà contrattuale di una comunità. Il potere assoluto di Allah, inoltre, non può essere soggetto a limitazioni. L'uomo educato alla razionalità, invece, non può accettare che vi sia una Verità Unica, ma soltanto quella che egli coglie nei limiti della propria ragione, indipendentemente da un'autorità religiosa.

Maometto non è stato l’ultimo profeta, come recita il Corano. Altri sedicenti profeti, guerrieri o pacifisti, successori o meno di Maometto, sono apparsi nel mondo a recitare farneticanti sproloqui che, in fede loro, deriverebbero direttamente da pretese entità divine. Di profeti, messia, incarnate divinità, carismatici e santoni di ogni tempo e luogo, l’umanità dell’età della ragione e del sapere scientifico non ha bisogno.

L’attività di legislazione di carattere patriarcale, intrapresa dal Profeta Maometto, influenzato dalle sue pluriennali visioni, fatte credere di provenienza divina, è stata poi recepita nell’ordinamento giuridico dei diversi stati di religione islamica. I principi desunti dal Corano, essendo creduti parola infallibile di Allah, valida in ogni tempo e luogo, non possono essere esplicitati in altre possibili interpretazioni. Ne consegue che il testo coranico, scritto in epoca medievale, non sarebbe suscettibile di modernizzazione. Ciò implica l’impossibilità di pervenire almeno alla distinzione, se non alla separazione, tra Stato e credo religioso. Ne consegue che la giurisdizione religiosa impedisce la formazione di una legislazione laica, che si spinga di là della tradizione (c.d. “Sunna”, contenente fatti e detti del Profeta) e di là dei principi normativi indotti dalla credenza religiosa, fondata sulla sacralità di un sempiterno testo, intangibile per gli infedeli, copia del prototipo celeste del Corano.

L’umana razionalità non può giustificare una cieca obbedienza a un testo religioso, ritenuto sacro in forza di una credenza, con la quale si presume che in esso siano stati trascritti comandamenti provenienti dall’alto, cioè da una supposta, invisibile, immaginifica divinità, che imporrebbe una pretesa assoluta autorità in tutti i campi della vita. Manipolazioni interpretative del testo coranico, inoltre, possono determinare comportamenti aggressivi nella convinzione di obbedire ad un presunto volere di Allah.

Il terrorismo, come forma patologica di opposizione politica all’interno e all’esterno dell’islam, è una sfida allo Stato laico. La politica del terrore messa in atto dal sedicente Stato islamico “ISIS” (altrimenti detto “Daesh”), si caratterizza per essere una forma patologica di opposizione politico-religiosa. Il terrorismo è una sfida sia alla modernizzazione dell’Islam (vista come infedeltà a una pretesa interpretazione ortodossa) sia alla civiltà c.d. “occidentale”. In verità, se Allah fosse realmente un’entità esistente, non avrebbe bisogno di canaglie per eseguire le sue sentenze contro chi ha opinioni divergenti dalle sue. Allah, però – ci fa sapere Maometto, (sura 11, 118) – ha consentito che ci fosse una pluralità di fedi religiose, escludendo vincoli di obbedienza ad una sola fede (sura 2, 256).

Il principio di libertà religiosa e quello di libertà di pensiero è stato recepito nella Dichiarazione universale dei diritti umani (art. 18), proclamata nel 1948. Non pare che tali principi siano stati ampiamente recepiti nella Dichiarazione islamica universale dei diritti dell’uomo del 1981, dove sembrano prevalere i diritti di stampo patriarcale della comunità musulmana rispetto ai diritti delle donne e delle altre minoranze. Il principio coranico, che gli uomini siano un gradino superiore alle donne (sura 2, 228), ad esempio, impedisce la modernizzazione del diritto di famiglia e l’attuazione dell’effettiva parità fra i due sessi.

Può un musulmano apostatare dalla propria fede? Secondo alcuni versetti coranici, l’apostasia nuocerebbe soltanto all’apostata, perché esso subirà l’eterno castigo nel fuoco dell’inferno. Altri versetti, invece, sono interpretati a favore della pena di morte per l’apostata. Anche nell’Antico Testamento (Dt 13), accolto dal cristianesimo, era sancita la pena di morte per lapidazione, se falsi profeti, parenti e persino intere città avessero apostatato in favore dell’idolatria. Tale norma biblica, per grazia di Dio e volontà dell'uomo, è andata in desuetudine.

L’islamismo è un’ideologia che mira ad annullare le fondamentali conquiste della modernità liberaldemocratica, come i principi dell’intangibilità della vita, della libertà, della proprietà, della persona, della parità dei diritti tra uomo e donna, costituzionalmente garantiti. L’islamismo è l’ideologia cui s’ispira il Califfato: anacronistico modello politico adottato dai successori di Maometto e caratterizzato da una concezione assolutistica e teocratica del potere. Il Califfato, istituzione umana sorta dopo la morte del Profeta al fine di realizzare l’unità politica e religiosa dei musulmani e delle popolazioni conquistate con la guerra, impose la supremazia della legge islamica dedotta dall’interpretazione del Corano. Il Califfo, comandante in capo della comunità dei credenti, si auto-costituì come vicario di Allah sulla Terra. L’odierno sedicente Califfato,"ISIS", votato a difendere una sua interpretazione del Corano, diretta a qualificare l’identità culturale-politica-religiosa dell’islam, e a imporre ciò che esso crede siano i fondamentali sacri valori dell’islam, investe nella comunicazione mediatica in forma particolarmente aggressiva e spettacolare, incidendo sull’immaginario collettivo e demonizzando il culturalmente diverso allo scopo di legittimare l’uso della violenza e la guerra su scala mondiale contro l’Occidente e i musulmani modernisti. La conseguenza che ne deriva è l’esacerbazione dell’incomprensione fra due civiltà e culture, percepite dall’una e dall’altra parte come diverse o addirittura inconciliabili quanto alle visioni del mondo, agli stili di vita, ai valori, ai fondamentali diritti umani. L’Occidente, sia chiaro, non potrà mai rinunciare alla cultura liberale e ai diritti della persona umana, duramente conquistati durante la sua lunga evoluzione storica.

L’islam radicale pare sia nato in Egitto con la formazione del movimento populista dei Fratelli Musulmani, il cui programma annunciava che il loro fine era Allah, il loro modello Maometto, la loro costituzione il Corano, la loro via il jihad, la loro speranza il martirio. Movimenti analoghi si formarono sia in Pakistan sia in India. Comune programma di tali movimenti consiste sia nel re-islamizzare la società musulmana, che a loro parere avrebbe deviato dalla fede originaria, sia nel combattere gli infedeli che calpestano o meno il sacro suolo dell’islam. Il radicalismo islamico, in nome della purezza della fede, nella sua lunga metamorfosi storica, ha prodotto escrescenze composte da nuclei autonomi di combattenti, disseminati per tutto il mondo, eccitati dall’obiettivo di raggiungere tramite il martirio l’allettante Paradiso promesso da Allah e dal suo Profeta a chi si priva della propria vita per uccidere infedeli e musulmani devianti. In verità, ad essere deviante, data l’assenza di un’autorità religiosa gerarchizzata, è la fanatica ortodossia degli islamisti, che vogliono obbligare tutto il mondo alla sottomissione a un’altolocata pretesa divina sovranità e a vivere in un ordinamento statale globale prettamente etico, disciplinato dal Corano. Fanatismo e intolleranza contribuiscono a plasmare la mentalità e le coscienze degli islamisti in modo forte e duraturo.

Testo fondatore dei vari fondamentalismi islamici è il Corano. Gli islamici che si richiamano al fondamentalismo (cioè alla scrupolosa osservanza del messaggio coranico) si autostimano come eletti che lottano contro un mondo c.d. “occidentale”, corrotto dalla secolarizzazione e dalla modernizzazione. Il loro scopo è l’abolizione del diverso, considerato come nemico, nonché impedire, in opposizione ai sistemi giuridici e culturali occidentali, la penetrazione nella umma musulmana, governata dalla sacra legge coranica, di idee e principi propri della modernità. Nella concezione fondamentalista, fede-cultura-politica coincidono, ossia sono interconnesse, identiche. Il fondamentalismo non accetta né la laicità, ossia la distinzione tra fede-cultura-politica, né tantomeno la loro netta separazione, cioè il laicismo. E' estranea al Corano l'idea di una separazione tra sacro e profano, tra religione e politica, tra stato e società: capo della comunità islamica è Allah, la sua sacra parola è legge assoluta, sia etica sia politica. L’ordinamento islamico, dunque, appare come formazione analoga al totalitarismo.

Tutti i musulmani possono essere fondamentalisti (indipendentemente dall’accettazione o meno dell’uso della violenza), se considerano infallibili i loro testi sacri, se pretendono l’applicazione integrale dei principi coranici, se ripugnano l’idea della laicità, se auspicano l’instaurazione del califfato e l’unificazione delle varie comunità islamiche sotto la sua guida, se si propongono di islamizzare il mondo intero. Ne consegue che il musulmano, che risiede nei paesi occidentali, non può che essere o fondamentalista (anche se non terrorista) o modernista (in quanto accoglie la distinzione tra fede religiosa e ordinamento statale, caratterizzato tra l’altro dalla tutela integrale dei diritti umani, ancorché discordanti con la legge islamica). Se per un musulmano è impossibile l’accettazione della laicità, egli resta intimamente fondamentalista, propenso ad ascoltare la sirena del radicalismo ideologico e, peggio ancora, quella del terrorismo suicida, plaudendo ai fratelli che si votano al martirio, motivati da un forte dovere religioso e dalla garanzia di poter accedere direttamente in Paradiso, dove Allah ha riservato per loro un posto privilegiato.

Le famiglie di religione islamica, immigrate negli Stati occidentali, possono integrarsi soltanto se accettano effettivamente le leggi e gli usi dello Stato che li accoglie. Hanno altresì il dovere di educare i propri figli aiutandoli a distinguere l’ambito del culto religioso da ciò che fa parte dell’ordinamento giuridico-culturale-laico dello Stato democratico in cui vivono, dove tutti hanno l’obbligo di osservare le leggi vigenti. Una simulata integrazione potrebbe esporre gli immigrati musulmani ad accogliere acriticamente la propaganda degli islamisti integralisti, che propagano l’odio contro i valori della civiltà occidentale con un linguaggio che tende a colpire l’emotività piuttosto che il raziocinio. Occorre tenere presente che negli stati di religione islamica la formazione educativa dei giovani, impartita fin dall’infanzia, è di rigorosa osservanza religiosa, secondo precetti coranici che delegittimano infedeli e atei e lasciano poco spazio a una concezione laica della vita. Negli stati islamici è inconcepibile affermare il diritto ad essere atei, pena la morte nell'aldiquà e l'inferno nell'aldilà. L’integrale osservanza della religione da parte dei musulmani potrebbe quindi degenerare nell’intolleranza e spingersi sino a prestare consenso a forme di proteste violenti ed estreme contro il mondo occidentale. Su questo terreno fertile può facilmente far presa la propaganda e l’indottrinamento del radicalismo jihadista su giovani musulmani che non hanno ancora maturato una coscienza critica. Decisiva può essere l’influenza delle famiglie e degli imam così detti “moderati”, ancorché conservatori o tradizionalisti, nell’opera di de-radicalizzazione della gioventù musulmana, educandola alla civile convivenza, alla tolleranza, alla distinzione tra ambito temporale e ambito spirituale, all’accettazione del culturalmente diverso e, quindi, dello stile di vita dei paesi occidentali che li ospitano. Del resto, essere musulmano, ossia sottomesso alla legge di Dio, non significa essere anche islamista, che si prefigge di lottare mediante azioni terroristiche per instaurare una società islamica in cui applicare un’interpretazione letterale e rigorosa, ancorché anacronistica, della legge coranica. Lo scopo cui tende l’islamista integralista, infatti, è l’islamizzazione della modernità estesa a tutto l’ecumene, totalizzando l’ampliamento della c.d. “casa dell’islam” (dar al-islam o "casa della fede"), tramite la sottomissione della "casa della guerra" (dar al-harb o "casa della miscredenza").



Lucio Apulo Daunio

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